Sant`Anatolia di Narco e Scheggino - Itinerari e luoghi dell`arte in Valnerina
Tipologia: Circuiti
Lunghezza: 42 km
Difficoltà: In Automobile
Durata: Da 4 a 8 ore
Interessi: Storico - Artistico
L’itinerario parte da Castel San Felice, nel Comune di Sant’Anatolia di Narco, prosegue per Caso e Gavelli per poi ridiscendere nella Valle del Nera. Raggiunta Scheggino, il percorso si conclude con la visita dell’Abbazia di San Pietro in Valle presso Ferentillo.
Ai piedi di Castel San Felice, l’Abbazia dei SS. Mauro e Felice, splendido esempio di romanico umbro, fu eretta nel 1194 nei pressi della primitiva “cella” monastica dove, fino al 1500, sorgeva il cenobio fondato da Mauro, eremita giunto dalla Siria nel sec. VI assieme al figlio Felice. Mauro bonificò la zona resa palustre dalle esondazioni del fiume Nera. Il monastero benedettino, dipendente dalla vicina Abbazia di San Pietro in Valle, ospitava numerosi monaci.
La facciata della chiesa è suddivisa in tre ordini sovrapposti. Al centro del primo, il portale a doppio incasso. Al centro del secondo, separato da nove mensole, incorniciato da un quadrato coi simboli degli Evangelisti, il rosone scandito da colonnine binate su due cerchi concentrici: otto in quello interno, sedici nell’esterno. Il motivo stellare sulla cornice esprime la valenza cosmica dell’evento espresso dal simbolismo numerico: i sette giorni della creazione redenta da Cristo nell’ottavo col patto della Nuova Alleanza.
La triplice ripetizione dell’otto esprime la sovranità del Cristo estesa ai tre mondi e alle tre dimensioni del tempo e la sua consustanzialità con le altre Persone della Trinità.
A destra e a sinistra del rosone, bifore con colonnine tortili. Una serie di 17 archetti sorregge il timpano che, al vertice, protegge un’edicola con l’Agnus Dei, segno degli insediamenti monastici benedettini. Sopra l’Agnello crocifero, una grande rosa di rame un tempo dorata e lucente.
Sotto il rosone, sul lungo fregio in bassorilievo, il santo barbato brandisce l’ascia per colpire il drago. Alle sue spalle, la tana del mostro: una grotta. Secondo la versione più antica della leggenda (sec. VIII) fu Mauro a uccidere il drago. Alle sue spalle, un angelo benedice l’impresa. Dinanzi al sauroctono, un secondo angelo assiste l’impresa assieme a un altro personaggio: forse Felice che, quando la figura era integra, brandiva un bastone o una lancia. Alle sue spalle, un orante: forse lo stesso Mauro che si affida a Dio prima di compiere l’impresa. Nella parte destra del fregio, la resurrezione del figlio d’una vedova operata da Felice.
La chiesa è a navata unica, orientata est-ovest, con presbiterio rialzato. Una luce attenuata piove dall’alto da quattro monofore su ciascuna delle pareti. Al presbiterio, separato da un arco e da due plutei decorati a mosaico, conducono sette gradini di pietra. Al centro, davanti all’altare, in una concavità protetta da grata, le madri versavano acqua sulle teste dei figli per guarirli dalla scabbia.
L’abside, rischiarata da due monofore, conserva l’antica copertura di pietre ed è suddivisa da cinque paraste esterne che supportano archetti pensili. Nel catino, Cristo benedicente tra due angeli del maestro di Eggi (metà del ‘400). Nel tamburo, Madonna e Bambino tra i SS. Sebastiano difensore dalla peste e Apollonia protettrice dei denti.
Due gradinate scendono nella cripta a doppia navata. Qui, da due anguste feritoie, un tenue chiarore diluisce appena le ombre nelle due absidiole. Un piccolo sarcofago romano custodisce i resti di Felice, Mauro e della nutrice siriana. Sopra il sarcofago, affresco del Risorgente.
Nella chiesa, tra gli affreschi, il più notevole è quello tardo-gotico che raffigura l’Adorazione dei Magi (I metà del ‘400). I tre re calzano gli speroni dorati dei cavalieri; quelli del loro seguito i nudi speroni degli scudieri.
Sulla parete di destra, un affresco mostra Mauro nell’atto di attirare il drago fuori dal suo nascondiglio mediante un’esca appesa a una canna, come narrato da alcune leggende. Poco più avanti, un severo Michele Arcangelo pesa le anime tenendo a bada il diavolo in punta di lancia.
Da Sant’Anatolia di Narco, con la chiesa di Santa Maria delle Grazie in cui il Maestro di Eggi dipinse un’aggraziata Madonna (metà del ‘400) l’itinerario segue la strada che sale a Gavelli.
Nell’antico castello di Caso, l’Oratorio di San Giovanni Battista, sorto su una cella monastica alto-medievale, con affreschi quattrocenteschi raffiguranti i SS. Cristoforo e Sebastiano e la Madonna del Soccorso (1460-1474).
Extra moenia, la Chiesa di Santa Maria Assunta con affreschi di Perino Cesarei da Perugia. Attigua al cimitero, la Cappella della Madonna delle Grazie del sec. XV, ampliata nella IIª metà del ‘500, con affreschi della scuola dello Spagna e il singolare affresco quattrocentesco della Madonna a cavallo che commemora l’apparizione a un fanciullo (mamulu). Tra gli altri affreschi: Madonna con Bambino e Santa Cristina (1516); Annunciazione; Natività con Bambino su eucaristiche spighe di grano; San Michele Arcangelo (1565); San Rocco.
Sopra il borgo, nel silenzio d’una pineta, la Chiesa di Santa Cristina, edificio romanico a navata unica affrescata con il Giudizio Universale e la storia della martire.
Proseguendo per Gavelli, lungo la strada che conduce a Monteleone di Spoleto, prospiciente l’antica porta della rocca, la Chiesa di San Michele Arcangelo: prezioso scrigno d’arte rinascimentale. L’edificio a navata unica, ricostruito e ampliato nel ‘400, sorge su una chiesa all’interno dell’antico castello, costruito nei sec. IX e X a seguito delle scorrerie saracene. Il portale è datato 1587.
L’interno è affrescato da Giovanni di Pietro, detto “lo Spagna”, e dai suoi allievi tra il 1518-1523. Nella prima cappella, a sinistra dell’entrata, Madonna in gloria, coi SS. Francesco, Girolamo e Antonio da Padova: affreschi dello Spagna (1523). Nella seconda cappella, affreschi di pittori minori: sul pilastro, San Biagio, protettore della gola; nella volta, Cristo del Sabato Santo, o Risorgente; sotto, i SS. Leonardo liberatore dei carcerati, Agostino, Bernardino da Siena, Antonio da Padova (1491); sul pilastro, San Sebastiano (1492). Nella terza cappella, Padre benedicente; sotto, Madonna con Bambino e i SS. Macario, anacoreta della Tebaide, Giacomo, Filippo, Bordonio (1505); sul pilastro, San Sebastiano (1491).
Nella quarta cappella, Madonna in gloria e i SS. Sebastiano, Caterina d’Alessandria, Apollonia protettrice dei denti e Giovanni Battista. Sugli affreschi dell’abside: Incoronazione della Vergine; sul tamburo dell’abside, San Michele Arcangelo; i SS. Pietro e Paolo dipinti dallo Spagna (1518).
Opera maestra, l’affresco dell’apparizione dell’Arcangelo al Gargano, con la grotta, il toro e gruppo di balestrieri. Sull’intradosso dell’arco dell’abside, i SS. Agostino, Gregorio Magno, Ambrogio, Girolamo e gli evangelisti Giovanni e Matteo.
Scesi di nuovo a Sant’Anatolia di Narco, proseguiamo alla volta di Scheggino lungo il corso del fiume Nera.
L’antica rocca di Scheggino, un tempo Schiaginum dalle “rotte schegge” delle rocce su cui è fondata, sovrasta la riva sinistra del Nera con la sua snella torre di vedetta.
Nel XII secolo, sul sagrato della prima chiesa castellana dedicata a Nicola santo vescovo di Mira, si teneva l’arengo: il consiglio del castello. Passata nel 1210 all’Abbazia di Sassovivo, nel 1446 la chiesa divenne Pieve. Nicola, “di Bari” dopo la traslazione dei resti dalla Turchia, era venerato come protettore delle ragazze da marito, specie di quelle povere. In Valnerina, il 6 dicembre giorno della sua festa, le “verginelle” preparavano piccoli pani da distribuire ai fedeli in ricordo delle doti matrimoniali offerte dal santo a poverissime fanciulle votate al meretricio. Il culto di San Nicola, difensore della dottrina cattolica contro l’eresia ariana, fu importato in Valnerina dagli eremiti siriani nel corso del VI secolo.
L’assetto attuale della chiesa, a tre navate, risale al 1572; nel 1614 furono collocate le colonne; nel 1663 venne aggiunto lo spazioso atrio coperto.
All’interno della Chiesa di San Nicola, nella navata sinistra, distaccato dall’antico palazzo comunale: affresco della Sacra Famiglia di Piermattia Gigli da Spoleto (1584). Segue l’altare secentesco di Santa Lucia con la tela del perugino Perino Cesarei raffigurante i SS. Antonio da Padova e Lucia in vesti levantine. Altare di San Filippo Neri, fatto costruire nel 1645 dal parroco don Mattiangelo Amici di Scheggino, Protonotaro Apostolico e Vicario della Santa Inquisizione: la tela che ritrae il santo è attribuita al romano Gaetano Lapis (1706-1766).
Sulla parete di fondo, Madonna del Rosario, di Perino Cesarei (1595): la Vergine e il Bambino porgono le corone a San Domenico e a Santa Caterina da Siena dalle cui stimmate vaporano effluvi di luce. Sullo sfondo, tra i fedeli, Sisto V il quale, alla vigilia della battaglia di Lepanto (1571) aveva donato corone del rosario ai combattenti della flotta cristiana.
Sul tamburo dell’abside: a sinistra, Natività con paesaggio e pastori (le due figure in ginocchio sembrano rappresentare maestro e discepolo autori degli affreschi). Al centro, San Nicola; a destra, il Battista genuflesso addita l’antico tabernacolo murato nella parete durante il rifacimento cinquecentesco.
Nella calotta dell’abside, Incoronazione della Vergine tra Serafini alati che delineano una mandorla di gloria attorno al Cristo e a Maria. Gli affreschi vennero commissionati allo Spagna dal Comune di Scheggino nel 1526. Il maestro tracciò l’impianto dell’opera e dipinse le figure più belle affidando i successivi lavori al discepolo Giovanni di Girolamo Brunotti. Interrotta dalle razzie dei lanzichenecchi reduci dal sacco di Roma e dalla peste, l’opera fu conclusa da Piermarino di Giacomo da Castel San Felice nel 1533, cinque anni dopo la morte dello Spagna.
Nella navata di destra, altare di San Giovanni Evangelista dedicato a ricordo di un miracolo attribuito al santo patrono dei “molinari” che salvò da morte gli addetti a un frantoio. La tela, dipinta da Guidubaldo Abbatini pittore del Palazzo Apostolico e donata dal cardinale Fausto Poli da Usigni, fu trasportata nel 1644 da un “mularo” locale di nome Andrea. Raffigura la Vergine con Bambino e scapolare; sotto, San Giovanni Evangelista sottoposto al supplizio dell’olio bollente tra i SS. Rocco e Sebastiano, protettori dal ricorrente flagello della peste; in primo piano, a sinistra, San Giacomo, a destra papa Silvestro.
Segue l’altare dedicato a San Francesco d’Assisi, detto “del Perdono” perché, per concessione di Pio VII, vi si può lucrare l’indulgenza plenaria della Porziuncola. La tela raffigura Cristo tra Francesco e Carlo Borromeo. L’ultimo altare secentesco, dedicato alla Madonna del Suffragio, è detto “delle Anime Sante”: in basso, sorretta da un angelo, un’anima con in mano lo scapolare della Madonna del Carmelo abbandona le fiamme del Purgatorio e s’invola verso Maria che le tende le braccia. In basso, don Mattiangelo Amici parroco di Scheggino versa l’acqua del suffragio sulle anime purganti.
Degne di attenzione, le immagini settecentesche della Via Crucis dipinte a fuoco su vetro.
Da Scheggino proseguiamo per Ceselli, con la trecentesca Chiesa di San Michele Arcangelo costruita sul cassero del castello. Di rimpetto al paese, su una collina, la romanica Chiesa di San Vito dove un tempo si portavano i cani per preservarli dalla rabbia.
La strada passa ai piedi di San Valentino, antico castello sulla cui platea sorge l’austera omonima chiesa duecentesca dedicata al santo ternano con affreschi, alcuni del Maestro di Eggi, eseguiti fra il ‘300 e il ‘500.
Poco prima di Ferentillo, l’Abbazia di San Pietro in Valle: una delle più antiche e celebri dell’Umbria. Ubicata nella Valle Suppegna, sorge nel luogo in cui, per quarant’anni, vissero in una grotta gli eremiti Lazzaro e Giovanni giunti dalla Siria nell’anno 535, essendo papa Ormisda e re il goto Teodorico.
Nel 570, il longobardo Alboino occupò Spoleto fondando l’omonimo Ducato di cui affidò la reggenza al duca Faroaldo I, rimasto in carica dal 570 al 591.
La leggenda vuole che San Pietro apparve in sogno al duca chiedendogli di edificargli un monastero nel luogo santificato dai due eremiti. Nel 575, anno della morte di Giovanni, Faroaldo edificò la prima chiesa e il monastero di cui Lazzaro fu abate. Nel 720, regnando Liutprando, Faroaldo II ricostruì e ampliò la chiesa e il convento in cui si ritirò a vita monastica divenendo abate. Morto nel 728, «Faroaldo duca di Spoleto e abate di Cristo» è sepolto non lontano dai resti dei due eremiti.
In una delle frequenti invasioni saracene che desolarono l’Umbria, la chiesa di Faroaldo fu distrutta assieme al monastero. Ricostruita e ampliata in stile romanico nel 1016, essendo abate Ruitprando e Ottone III imperatore, la chiesa venne in più parti restaurata.
Nel corso dei secoli XI-XII fu aggiunta al braccio sinistro del transetto la torre campanaria. A sinistra e a destra del portale (sec. XI) San Pietro con le chiavi e la croce e San Paolo con la spada del martirio. La pianta della chiesa è a croce commissa, navata unica e tetto a capriate; il transetto è formato da tre absidi. In quella di sinistra, sotto l’altare, sono custoditi i resti dei due eremiti; in quella di destra, un sarcofago del III sec. adornato da scene dionisiache e da due grifi sui lati minori, custodisce i resti di Faroaldo II.
Le pareti della navata sono affrescate con scene tratte dall’Antico e dal Nuovo Testamento, risalenti alla fine del XII secolo: biblia pauperum considerata una delle più importanti espressioni del romanico dell’Italia centrale. Sulla parete di sinistra, in tre registri sovrapposti, scene tratte dall’Antico Testamento; sulla parete di destra scene del Nuovo, anch’esse in tre registri. Tra i monumenti di spicco, il paliotto in bassorilievo commissionato dal duca Hilderico Dagileopa (739) L’iscrizione recita: «Hilderico Dagileopa in onore di San Pietro e per amore di San Leone e San Gregorio per la salvezza della sua anima. Mastro Ursus fece».
Proseguendo per la strada statale Valnerina in direzione di Terni che lambisce gli antichi castelli di Arrone, Ferentillo e Montefranco, l’itinerario ci conclude alla Cascata delle Marmore.
Photogallery: La Ferrovia Spoleto-Norcia - Il castello di Caso - Gavelli, la Chiesa di San Michele Arcangelo - Abbazia dei Santi Felice e Mauro - Scheggino - Scheggino, la Chiesa di San Nicola
Videogallery: Un viaggio nella valle del fiume Nera - Sant`Anatolia di Narco e il suo territorio - Scheggino
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