Cascia, Norcia, Preci, Cerreto di Spoleto, Poggiodomo, Monteleone di Spoleto - Tra Cielo e Terra: Gli itinerari del Sacro in Valnerina
Tipologia: Circuiti
Lunghezza: 140 Km
Difficoltà: In Automobile
Durata: Da 4 a 8 ore
Interessi: Storico - Religioso
L’itinerario conduce ad alcuni luoghi della Valnerina di grande significato storico, culturale, civile e religioso che hanno accompagnato e sostenuto nel corso dei secoli la vita della gente della montagna: “laure” eremitiche dei sec. V-VII; chiese; abbazie; santuari; basiliche; luoghi legati ai santi. Attorno ad essi, per oltre un millennio, si svolse la vita non solo religiosa ma anche la culturale di questa parte dell’Umbria: l’architettura sacra e civile; l’arte figurativa; la conservazione dell’eredità culturale nelle biblioteche abbaziali.
L’arte medico-chirurgica e la farmacologia ebbero nei monaci infirmarii dell’Abbazia di Sant’Eutizio i loro precursori. Eremiti, come accadde a Castel San Felice, bonificarono paludi. I monaci benedettini trasformarono l’ecosistema rendendolo adatto alla presenza umana; gestirono lo sfruttamento delle risorse naturali; controllarono i flussi commerciali; promossero agricoltura, allevamento e artigianato.
A guardia delle abbazie e delle strade, presidi e castelli assicurarono la pace, il rispetto per la santità dei luoghi garantì loro nei secoli la protezione da parte di Duchi e Imperatori. In epoche difficili, la gente cercò rifugio nei luoghi di culto e nei nostri giorni, moltitudini spinte dalla fede visitano i luoghi sacri a Santa Rita, santa degli impossibili.
Il punto di partenza dell’itinerario è dalla Basilica di Santa Rita a Cascia. Alla Basilica si accede dal portale con scene della vita della santa scolpite da Eros Pellini. All’interno, la prima abside affrescata da Silvio Consadori (1956) con scene della vita di Cristo. L’abside di destra dedicata alla Vergine, culmina nella grandiosa scena dell’Assunzione affrescata da Gisberto Ceracchini (1953). Sull’abside di fondo, dedicata al Santissimo, l’affresco dell’Ultima Cena di Luigi Filocamo (1950).
Sul tamburo dell’abside: Agostino, fondatore dell’Ordine cui Rita appartenne, e un corteo di santi agostiniani. Il presbiterio è stato decorato con sculture bronzee di Giacomo Manzù (1981) ispirate al motivo eucaristico della vite e al simbolo dell’ulivo mentre il tabernacolo a forma di uovo ricorda la divina promessa di eterna rinascita.
Di rimpetto alla navata mariana, la cappella di Santa Rita preceduta dall’abside affrescata da Ferruccio Ferrazzi (1951): sulla volta, il maestoso Cristo Giudice sulle cui ginocchia la santa appoggia supplice il capo. Un tempietto custodito da quattro angeli, allegoria delle quattro virtù cardinali, protegge l’urna d’argento col corpo di Santa Rita. Nella cupola della Basilica, opera di Francesco Montanarini (1956) aleggiano lievi i santi dell’Ordine agostiniano.
A destra della Basilica di Santa Rita, la “Fontana della Vita” di Armando Marrocco (1986) e la Penitenzieria. Al suo interno: il gruppo scultoreo del Figliol Prodigo del medesimo artista il quale, nella Sala del Ringraziamento, scolpì un Risorto dalle cui braccia prorompe un volo di gabbiani.
Una luminosa scala coclide scende alla Basilica Inferiore dove, in un’urna ricavata da un masso, opera del Marrocco, sono custodite le ossa del beato Simone Fidati. Accanto, la pagina del breviario su cui, nel 1330, un’ostia lasciò un’impronta di sangue.
La Basilica inferiore custodisce il corpo della beata Madre Maria Teresa Fasce, badessa del Convento di Santa Rita, fondatrice del grande complesso dell’orfanotrofio femminile.
Accanto alla Basilica, il Convento di Santa Rita (già della Maddalena) con la vite del miracolo; l’antico oratorio; la cella di Rita e la celebre “Cassa Solenne” che per tre secoli ne custodì il corpo.
Dalla Basilica, l’itinerario sale all’antica Rocca di Cascia e alla trecentesca Chiesa di Sant’Agostino, sorta sull’oratorio eremitico dedicato al Battista, con a fianco l’antico cuore di vita spirituale: il convento agostiniano.
Scendendo dalla rocca, degne di visita: la Chiesa di San Francesco, fondata nel 1247, con portale romanico e rosone dei maestri lombardi. Poco distante, la Chiesa di Santa Maria della Visitazione, pieve romanica del sec. XII sorta su un luogo di culto mariano già attivo nel sec. IX. Extra moenia, la Chiesa di Sant’Antonio Abate, sviluppatasi su un antico oratorio e cella monastica benedettina, insigne per i suoi cicli d’affreschi quattrocenteschi dedicati alla vita del santo del deserto e alla Passione di Cristo, l’uno dipinto dal “Maestro della Dormitio” di Terni, l’altro da Nicolò da Siena (1461).
Da Cascia, seguendo il corso del fiume Corno ombreggiato da agili pioppi, si raggiunge il paese natale di Santa Rita: Roccaporena. All’ingresso della strettoia, s’erge la mole del Sacro Scoglio che le stagioni vestono di neve o fiori. Qui, secondo la tradizione, la vedova Rita si recava a pregare e da qui, sorretta da Sant’Agostino, San Nicola da Tolentino e dal Battista, fu portata in volo al Convento della Maddalena.
Ai piedi dello Scoglio, la Casa maritale e il Lazzaretto dove Rita assisteva i malati. Alle spalle, la Grotta d’Oro che, si dice, nel silenzio dell’ampio cavo ombroso accolse Rita orante. Accanto al Santuario di Roccaporena, sobrio luogo di raccoglimento, la chiesuola di San Montano: qui Rita ascoltava messa e divenne sposa.
Di rimpetto, tra le balze rocciose, l’Orto del Miracolo: l’orticello di mamma Rita in cui, nel crudo inverno che precedette la sua morte, fiorirono rose e maturarono fichi.
Da Roccaporena, seguendo la strada per Serravalle si raggiunge Norcia. Cuore della città, la vasta piazza dedicata al San Benedetto con la statua scolpita da Francesco Prizzi (1880). Il Palazzo Comunale, ricostruito nell’ultimo quarto del ‘400, poggia sull’antico Palazzo dei Consoli, o dei Priori sorretto dalle robuste arcate dell’annona e della gabella. Dalla torre civica, per avvertire della chiusura delle porte della città, l’antica campana batteva cento rintocchi.
Di rimpetto, “La Castellina”: edificio-fortezza sede dei Governatori Apostolici eretto nel 1554 da Giulio III. Oggi, ospita opere d’arte del Museo Civico Diocesano; la Collezione Massenzi di vasi greci ed etruschi e una mostra archeologica permanente.
Ricostruita nel 1560 a tre navate, la pieve di Santa Maria Argentea edificata nel sec. III, secondo la tradizione, sul tempio romano della Fortuna e consacrata dal vescovo Feliciano.
La Basilica di San Benedetto venne costruita, alla fine del ‘300, su un oratorio ricavato in un edificio romano del primo secolo ritenuto dimora della gens Anicia cui Benedetto e Scolastica appartennero. La chiesa, con pianta a croce latina, navata unica e transetto, e il monastero dipendevano dall’Abbazia di Sant’Eutizio. I simboli degli evangelisti attorniano l’arioso rosone. Nell’abside, un crocifisso ligneo degli inizi del sec. XVI che turba e commuove.
Nel transetto di sinistra, la grande tela dell’incontro tra Benedetto e Totila, re dei Goti, di Filippo Napoletano (1621). Nel transetto destro, tela del ‘600 con Madonna e Bambino tra i SS. Spes ed Eutizio e Santa Scolastica. In una serie di tondi, i grandi miracoli di Benedetto. Nella cripta, una piccola abside con affreschi del ‘300 ricorda il luogo natale di Benedetto e Scolastica.
Lo snello campanile gotico, danneggiato dal terremoto del 1703, fu ricostruito in dimensioni ridotte. Verso il 1570, alla fiancata destra della chiesa, venne addossato il Portico delle Misure adibito a mercato coperto delle granaglie, con le misure legali per cereali, dapprima custodite nel Palazzo del Podestà.
Da Norcia, per la forca di Ancarano, si raggiunge il borgo di Sant’Angelo con la Chiesa della Madonna Bianca. Poco più avanti, il castello di Campi con l’aereo loggiato della Chiesa di Sant’Andrea, patrono della rocca, e la Chiesa di Santa Maria in Piazza, o del Castello, con affreschi quattrocenteschi degli Sparapane da Norcia. Ai piedi di Campi, la Chiesa di San Salvatore.
Entrati nella Valle del Campiano, l’antica Valle Castoriana, l’itinerario raggiunge l’Abbazia di Sant’Eutizio sorta sull’oratorio eremitico dedicato alla Santa Madre di Dio in cui, nel 540, venne sepolto l’abate Eutizio. Dopo il periodo delle invasioni barbariche, agli inizi del sec. X sotto l’abate Majore la vita monastica era tornata alla regolarità. Verso l’anno Mille, l’Abbazia di Sant`Eutizio governava paesi e castelli ubicati nel comprensorio mentre la giurisdizione ecclesiastica dell’Abate si estendeva fino ad Ascoli e Teramo. Nel 1190, l’abate Teodino II fece costruire il rosone in stile romanico-spoletino. L’opera di ristrutturazione fu portata a compimento nel 1236, da Teodino II.
La chiesa è a navata unica, con presbiterio cui si accede da una ripida scalinata. Sotto il presbiterio, la cripta a due navate con volte sorrette da possenti colonne. Sull’altare, una grande croce sagomata del ‘400, opera di Nicolò da Siena. Dietro l’altare, in un’armoniosa edicola cinquecentesca, riposano i resti dei SS. Spes ed Eutizio.
L’abside poligonale, decorata all’esterno da arcate cieche, è del ‘300. Sulla rupe rocciosa della “Sponga” con le primitive grotte eremitiche, agli inizi del ‘600 fu costruito il campanile. I benedettini crearono una biblioteca ricca di manoscritti e codici miniati, alcuni trasferiti a Roma nel 1605, altri a Spoleto nella Pinacoteca e presso la Cancelleria Vescovile. Tra i manoscritti, uno dei più antichi monumenti della lingua volgare: una formula di confessione datata 1089. Ai monaci di Sant’Eutizio si deve anche la creazione della prima farmacia e la fondazione della celebre scuola chirurgica di Preci.
Dal castello di Preci, passando nelle vicinanze della Chiesa della Madonna della Peschiera, così chiamata dagli antichi vivai di trote, l’itinerario condce a Pontechiusita per raggiungere Triponzo.
Prima di Belforte, l’antico “lebbrosario” di San Lazzaro in Valloncello fondato nel 1218 e gestito dai monaci di Sant’Eutizio. Affidato nel ‘300 ai minori francescani e nel ‘400 alla Comunità di Norcia, ‘500 fu commenda dell’Ordine dei Cavalieri di San Maurizio e Lazzaro.
Proseguendo, si giunge a Borgo Cerreto, antico avamposto fortificato costruito a controllo dei guadi del fiume Nera, del torrente Tissino e del Vigi proveniente da Sellano, la Chiesa francescana di San Lorenzo, da dove attraverso una breve deviazione si arriva al castello di Ponte di Cerreto di Spoleto.
Qui, ai piedi della rocca che domina le valli del Nera e del Tissino, sulla piazza dell’arengo fu eretta nel 1210 la pieve romanica di Santa Maria Assunta (Plebs S. Mariae de platea) sopra una chiesa longobarda. Mediante il simbolismo numerico del nove e dei multipli, il rosone esprime nel linguaggio architettonico la valenza cosmica del mistero trinitario (3x3) che opera la salvezza mediante il sacrificio dell’Agnello (la rosa centrale a cinque petali, numero delle piaghe del Cristo). I dieci archetti sostenuti dalla cariatide, allegoria della fede, simboleggiano l’osservanza dei comandamenti.
Da Ponte, seguendo la strada carrozzabile in direzione di Poggiodomo e Monteleone di Spoleto, l’itinerario raggiunge Roccatamburo. Ai piedi dell’antica rocca, nella Valle di Noce, l’Eremo della Madonna della Stella ove gli eremiti erano presenti già prima del 1308, anno in cui gli agostiniani rilevarono l’eremo benedettino di Santa Croce dipendente dal monastero di San Pietro “in faucibus”. Alcune cavità naturali della parete rocciosa furono adattate a celle anacoretiche, altre furono aperte nella roccia conferendo alla rupe l’aspetto d’un colombario. Accanto alle celle, in un riparo roccioso, fu costruito un oratorio dedicato alla Vergine.
Dopo il secolare abbandono del luogo, tra rovi e macerie due pastorelli videro il volto di Maria annerito dai bivacchi dei pastori. Credettero a un’apparizione. Era il 1833. Accorsa in frotta, la gente del luogo ribattezzò l’antico eremo col nome di “Madonna della Stella” dal motivo che orna il manto della Vergine. Ogni anno, a maggio, numerosi giungono i pellegrini. I vecchi, prima di attraversare il ruscello che scorre ai piedi dell’eremo, si segnano e bevono un sorso d’acqua.
Dall’Eremo della Madonna della Stella, l’itinerario segue la strada per il castello di Usigni aggrappato su uno sperone roccioso sul quale spiccano imponenti il palazzo del Cardinale Fausto Poli e la Chiesa di San Salvatore fatta costruire dal Cardinale.
Superato il castello di Usigni, Monteleone di Spoleto. Qui, nel sec. IX, nella rocca di Brufa, divenuta nel 1265 Mons Leonis, oggi Monteleone di Spoleto, i benedettini fondarono la Chiesa di Santa Maria intitolata poi dai francescani a San Francesco e alla Madonna Assunta nel 1280. Alla fine del ‘300, la Chiesa di San Francesco venne suddivisa a metà in altezza; il portico laterale fu accecato e adibito a cimitero; l’entrata, spostata a nord sulla platea della rocca, è ornata dal portale dei maestri lombardi fiorito di simboli cristici.
La chiesa inferiore fu intitolata ai SS. Antonio Abate a Antonio da Padova. Notevoli gli affreschi del ‘300-‘400. Tra di essi, la Madonna della Misericordia che protegge col suo manto il popolo di Monteleone e Antonio Abate, venerato protettore del bestiame.
Nella chiesa superiore: affreschi del ‘300-‘500; tela con Madonna e Bambino fra i SS. Francesco da Paola e Gaetano da Thiene: pala d’altare del ‘600 di scuola bolognese; Annunciazione di Antonio Masucci (1723); grande crocifisso ligneo del ‘400.
Discesi a valle, ove scorre il fiume Corno, l’antico Nar dei popoli italici, nella piana di Ruscio, lungo la strada che congiunge Monteleone di Spoleto a Leonessa nell’alto Lazio, nei pressi della curtis longobarda di Trebiae (oggi Trivio) esisteva un’antica cella monastica con oratorio. Divenuto “ecclesia subterranea”, poi ossario in seguito alle alluvioni del Corno, all’oratorio fu addossata la pieve benedettina di Santa Maria de Equo, o del Piano, soggetta all’Abbazia di San Pietro in Valle. Dalla dominazione longobarda fino al ‘200, sul sagrato, si tenevano i consigli: gli “arenghi” (dal longobardo hring: anello, circolo di persone).
Nella prima metà del ‘300, quando la gente dai campi si trasferì nei castelli, la pieve perse importanza. Nella sacrestia era vissuto e morto nell’anno 1400 l’eremita terziario francescano fra’ Gilberto, o Liberto, della famiglia dei Tiberti, feudatari e signori del castello di Brufa (oggi Monteleone di Spoleto), oltre che dei castelli di Pianezza e Terzone.
Presa la strada per Terzone (nel Lazio), nei pressi del borgo di San Giovenale, il santuario della Madonna della Paolina. Qui, nel 1665, secondo la tradizione, la Vergine apparve a una pastorella e scaturì una limpida fonte. Accanto al pozzo, fu eretta un’edicola, poi una chiesa ingrandita nei secoli che ogni anno, il 25 di agosto, è meta di pellegrinaggi con l’affollata Fiera della Paolina.
Da Terzone, la strada diretta a Cascia, che passando per le antiche ville di Trognano e Coronella, giunge al tempio romano di Villa San Silvestro ai piedi del castello di Chiavano. Del tempio del III sec. a. C. resta il maestoso podio in pietra, la cella occupata dalla chiesa e resti del colonnato. Il tempio venne eretto all’incrocio del cammino che da Leonessa scendeva alla Salaria e, da Norcia, percorrendo la Via Nursina, raggiungeva Spoleto: percorsi militari, commerciali e antiche vie di transumanza trovavano nel tempio il loro luogo di incontro. Quando il console Manio Curio Dentato bonificava le paludi reatine deviando il Velino e facendone precipitare le acque dalle rupi delle Marmore, accanto al tempio venne costruito il forum.
Tornati sulla strada maestra, l’itinerario si conclude a Cascia.
Quest’itinerario, nei contenuti tematici, è collegato con un analogo percorso che interessa i comuni di Cerreto di Spoleto, Vallo di Nera, Sant’Anatolia di Narco e Scheggino.
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