Vallo di Nera e Cerreto di Spoleto - L’itinerario dei Castelli della Valnerina
Tipologia: Circuiti
Lunghezza: 60 Km
Difficoltà: In Automobile
Durata: Da 4 a 8 ore
Interessi: Storico - Culturale
L’itinerario inizia dal castello di Vallo di Nera, prosegue per Piedipaterno e l’antica Chiesa della Madonna dell’Eremita, quindi, percorrendo da Grotti la strada di mezza costa che corre parallela a quella di fondovalle che lambisce il fiume Nera, raggiunge i castelli di Geppa, Paterno, Bugian Piccolo e Postignano. Da Postignano, scendendo alla Valle del Vigi, l’itinerario raggiunge il castello di Cerreto di Spoleto, Borgo Cerreto, Ponte e Triponzo.
Da qui, può essere proseguito per Cascia e Preci attraverso altri itinerari: l`itinerario dei castelli che da Cerreto di Spoleto, passando per Poggiodomo e Monteleone di Spoleto arriva a Cascia e l`itinerario dei borghi e castelli della Valle del Nera che partendo dalla Cascata delle Marmore, passando per Cerreto di Spoleto, giunge al castello di Preci nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini.
Secoli prima del castello medievale di
Vallo di Nera, nome derivato da vallum, “fossato”, sull’altura si ergeva una rocca forse romano-bizantina occupata nel sec. VIII dai Longobardi. Ai tempi di Federico II, “Castrum Valli” era parte dei domini imperiali soggetti al Duca di Spoleto. Nel 1198, entrò a far parte dei domini della Chiesa. Nel 1217, per prevenire il rischio di occupazioni ghibelline, il podestà di Spoleto rase al suolo la rocca imperiale concedendo agli antichi sudditi dell’Impero, in cambio della loro fedeltà, la costruzione d’una nuova rocca.
A lungo conteso tra Papato e Impero, Castrum Valli controllava un importante nodo stradale: la via del Nera che da Visso arriva fino ad Orte ed alla Flaminia; il cammino montano diretto a
Poggiodomo attraverso l’altopiano di Mucciafora,
Monteleone di Spoleto, l’altopiano di Leonessa e la Salaria; lo snodo che da Piedipaterno raggiungeva Spoleto.
Del castello si conserva il cassero, o “maschio”; buona parte della cinta muraria; la possente torre munita di mensole, o “sporti”, con caditoie “a difesa piombante” da cui gettare olio bollente
e pietre;
una torre trasformata in campanile della Chiesa di Santa Maria Assunta; la porta doganale col lungo andito coperto da volte e tavolati.
All’interno delle mura, su varie quote, correvano strade disposte ad anelli concentrici unite da ripide rampe che conducevano alla parte alta del castello e alla
Chiesa di San Giovanni.
Sullo stemma di Vallo di Nera, tre rocche ricordano l’antica federazione (communitas castrorum) comprendente Vallo di Nera, Paterno e Meggiano.
Fuori dalle mura lungo la strada di accesso al castello, tra il ‘500 e il ‘600, si sviluppò il complesso di botteghe artigiane, negozi, stalle e case-torri.
Nel 1401, Vallo di Nera fu interessata dal passaggio dei Bianchi, movimento di flagellanti sorto alla vigilia del giubileo del 1400: nella Chiesa di Santa Maria Assunta è affrescata una loro processione che ne ricorda il passaggio.
Nel 1522, durante il periodo delle lotte per le indipendenze comunali, il castello fu messo a ferro e fuoco da ribelli ostili al giogo politico e fiscale della Chiesa e del Ducato di Spoleto, capeggiati da Petrone da Vallo. Saccheggiato da lanzichenecchi e truppe di Carlo V reduci dal sacco di Roma del 1527, il castello fu restaurato grazie alla munificenza di alcune famiglie patrizie.
L’affresco di Jacopo Siculo (1536) dedicato alla Dormitio Virginis nella chiesa castellana di San Giovanni Battista eretta sulla platea del cassero agli inizi del ‘200, ritrae la risorta Vallo di Nera con le sue mura e le case-torri.
Adiacente le mura di cinta del castello, la chiesa del sec. XII dedicata agli inizi del ‘300 a S. Francesco e dal 1652 a Santa Maria Assunta, prezioso scrigno d’arte sacra medievale meritevole di una prolungata visita.
Da Vallo di Nera l’itinerario prosegue in direzione di Piedipaterno, borgo rurale e commerciale, sorto nel tardo Medioevo ai piedi dell’altura sulla quale sorgeva il castello di Paterno cui il borgo era collegato da un ripido camminamento.
Ad una sola navata con transetto, la chiesa poggia su una cripta a croce greca.Tra gli affreschi superstiti, conserva una Madonna con Bambino del Maestro di Eggi (prima metà del’400). Accorpato alla chiesa, l’ex-monastero di S. Maria de Ugonis (sec. XI) dei monaci di Vallombrosa, congregazione benedettina fondata da S. Giovanni Gualberto (†1073).
Tornati a Piedipaterno, l’itinerario segue la strada in direzione di Grotti e Spoleto. Il castello, costruito nel ‘200, con la sua torre di vedetta controllava dalla Forca di Cerro l’imbocco dell’antica Via Spoletina.
Nei pressi di Grotti, la Chiesa della “Madonna de le Scentelle”, antica cella eremitica, oggi Santa Maria delle Grazie.
Del castello di Geppa, dirimpetto a Vallo di Nera ed anch’esso a guardia della Via Spoletina,
rimangono ruderi delle mura e la porta ad arco tondo con le due feritoie destinati ai bracci che sollevavano il ponte levatoio. Le abitazioni erano raggruppate attorno alla torre di vedetta. Coeva alla rocca, la
Chiesa di Santo Stefano.
Da Geppa si giunge al castello di Paterno (605m. s.l.m.) arroccato su un picco roccioso alto sull’ansa del Nera.
Una delle torri è caduta, l’altra è divenuta torre campanaria della Chiesa di San Bernardino. E
xtra moenia, la Pieve di San Giusto, ampliata nel ‘200 con pianta a croce greca sormontata da cupola e portale romanico, precede nel tempo la costruzione del castello: tra i secoli XI-XIV, pieve, castello e borgo si svilupparono nei pressi di un insediamento eremitico del sec. V-VI. Così pure, sulla sponda del Nera, la Chiesa di S
anta Maria dell’Eremita fu costruita sul primitivo oratorio eremitico.
Seguendo la strada carrozzabile e superata la villa di transito di Montefiorello, sovrastata da Monte Galenne,
l’itinerario raggiunge Meggiano (769m. s.l.m.), castello di pendio a pianta ellittica databile tra il ‘200 ed il ‘300 di cui sopravvivono tratti di mura e la porta d’entrata fiancheggiata dalle lunghe feritoie del ponte levatoio.
Dentro la cinta muraria dell’antico castello di Meggiano, la Chiesa di San Michele Arcangelo. Extra moenia, la duecentesca chiesa romanica di Santa Maria a Piedimonte, anteriore alla fondazione del castello.
Da Meggiano, una breve deviazione conduce a Roccagelli, avamposto della rocca di Meggiano aggrappato a uno sperone roccioso che dà sulla valle del Nera.
Un camminamento, tagliato tra suggestive balze rosse che rinserrano il Fosso di Roccagelli, collegava l’avamposto alla rocca di Meggiano. Un altro ripido sentiero, ancora oggi percorso dagli appassionati del trekking, scendeva da Roccagelli alla Chiesa di S. Maria dell’Eremita e al
fiume Nera.
Da Meggiano, proseguendo verso nord, passando ai piedi di Monte Maggiore (1428m.) rivestito di folti boschi,
e, superate le ville di transito di Macchia e Collesoglio, si raggiunge il bivio per la Chiesa della Madonna di Costantinopoli (sec. XVI-XVII) con annesso l’ex-convento francescano alla quale si giunge anche partendo da Borgo Cerreto dalla strada che corre parallela al corso del fiume Vigi e porta a Sellano.
Tornati indietro, dalla chiesa francescana alla strada principale,
l’itinerario presegue per Bugiano e Bugian Piccolo. Qui, sulla cima di un colle, s’erge la romanica
Chiesa di San Giovanni Battista, precedente la formazione del borgo.
Proseguendo, in territorio del Comune di Sellano, si raggiunge il castello di Postignano (597m. s.l.m.): uno dei più suggestivi borghi della Valnerina.
Castello “di pendio” a pianta triangolare, controllava dall’alto la Valle del Vigi e il torrente Argentina, dove ancora vi è un mulino del ‘700. Del castello, costruito nei secoli IX-X, si conserva il cassero con l’alta torre d’avvistamento e difesa con alcuni tratti di mura.
Costretto dentro la cinta muraria, l’abitato si è sviluppato in altezza con edifici che raggiungono fino a sei piani sovrapposti sui quali montava la guardia la slanciata torre poligonale. Le anguste stradine interne, spesso incassate in ombrosi cavalcavia che collegano gli edifici, corrono parallele seguendo il declivio del colle. Ripide scalinate e rampe permettono di superare i dislivelli collegando fra loro secolari viuzze di rado baciate dal sole.
La chiesa, alle origini dedicata a San Primiano patrono del castello, nel ‘300 fu dedicata a S. Lorenzo. All’interno, affreschi del ‘500 stesi su affreschi più antichi.
Fra il ‘300 e il ‘400 Postignano conobbe un’epoca di benessere dovuta alla fiorente agricoltura, allo sfruttamento delle risorse boschive, alla coltivazione della canapa e alla lavorazione del ferro.
Condannato a morte dai terremoti del 1964 e 1997, dopo essere stato abbandonato dai suoi abitanti è stato inserito dal Ministero dei Beni Culturali nel registro dei monumenti d’interesse storico e artistico.
Grazie all’esemplare intervento di privati e al contributo della Regione Umbria e del Comune di Sellano, oggi l’antico borgo è magnificamente in salvo.
Da Postignano, seguendo il corso del fiume Vigi con una deviazione a Ponte Sargano si raggiunge il castello di Cerreto di Spoleto (557m s.l.m.).
In epoca longobarda, il castrum faceva parte del Gastaldato di Ponte governato dai Duchi di Spoleto. Dopo le incursioni saracene dell’890, su alture collegate visivamente tra loro sorsero alte torri di vedetta a guardia delle strade.
Cerreto di Spoleto, assieme alla vicina rocca di Ponte, controllava un importante nodo viario: la via che attraversava la Valle del Vigi e quella che dalla Valle del Tissino saliva a Roccatamburo e a Poggiodomo e da qui scendeva a Monteleone di Spoleto raggiungendo l’Altopiano di Narnate (Leonessa). L’altra importante arteria, parallela al corso del Nera, era diretta a Terni e, verso nord, a Norcia oppure a Visso e alle Marche mentre, da Grotti, un ramo raggiungeva Spoleto.
Dall’epoca di Carlo Magno fino al 1446 il castello di Cerreto di Spoleto fu lungamente conteso dalla Chiesa e dall’Impero, poi dalle fazioni “ghibelline” che reclamavano l’indipendenza dal papato. Incendiato e semidiroccato dalle milizie “guelfe”, dal 1446 Cerreto di Spoleto si sottomise al giogo della Chiesa. Reduci dal sacco di Roma (1527) soldati di Sciarra Colonna e contingenti lanzichenecchi al soldo di Carlo V, 10.000 uomini ostili al Papato, invasero la Valnerina saccheggiando Norcia, Cascia, Monteleone di Spoleto, Vallo di Nera. Soccorsa dalla Duchessa Caterina Cybo, Cerreto di Spoleto scampò al saccheggio.
Il castello di Cerreto di Spoleto attraversato da una via di cresta affiancata da vie parallele, culminava nella rocca di cui resta l’alta “torre civica” col suo “campanone” del ‘400.
Il castello, cinto da un’imponente cerchia di mura con quattro porte, a duplice cinta sul lato sud-orientale, comprendeva quattro “guaite” (dal longobardo wahta: “guardia”) o quartieri. Alla porta a sesto acuto della rocca venne addossato il
Palazzo Argentieri.
Sull’antica platea s’ergeva un’annosa quercia (Quercus cerri) emblema di Cerreto di Spoleto, cantata da Giovanni Gioviano Pontano (1429-1503) raffinato umanista cresciuto tra lo stormir di quei rami, esule presso la corte napoletana d’Alfonso di Aragona.
A formare un’elegante scenografia rinascimentale, attorno alla piazza sorsero edifici gentilizi, tra cui la dimora dei Pontano e il Palazzo Comunale del ‘500.
Prossima alla platea del castello, la
Chiesa di Santa Maria Annunziata patrona di Cerreto di Spoleto, cui immette un portale aperto nel 1592 sul lato sinistro dell’unica navata.
Nella parte bassa del castello, una delle porte di accesso con la
Chiesa di San Giacomo e l’ex-monastero delle monache benedettine, entrambi con affreschi quattrocenteschi, da cui si gode una splendida vista sulla valle del Nera e sul castello di Ponte posto dirimpetto a Cerreto di Spoleto su uno sperone roccioso.
Della cinta muraria esterna del castello, resta la porta prossima alla Chiesa e al Convento di San Giacomo e quella addossata alla rinascimentale Chiesa di Santa Maria “Delibera”, o del Soccorso, con l’abside ricavata da un torrione tondo le cui bocche da fuoco sono ancora ben visibili e conservate.
Da Cerreto di Spoleto, seguendo la via carrozzabile, l’itinerario scende a Borgo Cerreto, antico avamposto fortificato costruito a controllo dei guadi, con la Chiesa francescana di San Lorenzo, i suoi affreschi del ‘400 e le belle pale d’altare.
Da Borgo Cerreto, una breve deviazione dalla strada di fondovalle in direzione Rocchetta e Poggiodomo conduce al castello di Ponte, castelliere preistorico, poi rocca romana, quindi castello longobardo a nido d’aquila aggrappato allo sperone che incombe sul corso del Nera ed a guardia della Valle del Tissino e dell’antica strada che conduceva ai castelli di Rocchetta, Poggiodomo, Usigni, Roccatamburo e Monteleone di Spoleto che possono essere raggiunti seguendo l’
itinerario dei Castelli della Valnerina.
La rocca più antica, che in parte ancora si conserva, al vertice dello scoglio, diede nome al gastaldato longobardo di Ponte che soggetto ai duchi di Spoleto nel sec. VIII si estendeva fino a Norcia.
Il castello tardo-medievale di Ponte incorporò l’antico cassero, sviluppando a quota più bassa un’ampia cinta muraria.
Fuori dalle mura del castello, la pieve romanica di Santa Maria Assunta (sec. XII), il cui rosone realizzato dai maestri lombardi con le colonnine scandite dal numero nove, evoca la Trinità.
All’interno, la tela della Deposizione della scuola di Daniele da Volterra con l’intenso pathos delle pie donne riverse su Maria giacente a Terra.
Ritornati da Ponte alla SS. Valnerina in direzione di Preci e Visso, questo itinerario si conclude a Triponzo, l’antica Tripontium così chiamata in epoca romana da tre ponti oggi scomparsi.
Qui il fiume Corno confluisce nel Nera. Le calde acque sulfuree del Nar (antico nome umbro-sabino del Nera) furono convogliate nelle terme romane e il nome di “Balza Tagliata” commemora il cammino scavato nella rupe nel I sec. a.C. per sentenza del senato dai genieri di Roma.
Alta sul Nera, la rocca di Triponzo sorvegliava la strategica via per Visso e il Piceno e, al sud, per Terni.